L’Assessorato alla Cultura della Comunità Montana di Valle Camonica ha affidato al Coro Vallecamonica e al suo direttore, Francesco Gheza, la ricerca sul canto tipico camuno – l’inno della Valle Camonica – denominato variamente come “Noi della Valcamonica”, “Oi de la Valcamonica”, “La Valcamonica”, “Su e giù per la Valcamonica”.

Si tratta di un canto di cui ancora oggi non è stato possibile stabilire la data esatta di nascita, come per la quasi totalità del repertorio popolare italiano. Ma la ricerca condotta negli archivi, su testi in diverse biblioteche, analizzando atti di convegni e pubblicazioni specialistiche, su discografie a partire dagli anni ’30 del 1900, ha comunque dato i suoi frutti. Infatti nel bel testo curato da Gheza ed edito nella collana “Maraèa” della Comunità Montana, vengono proposte due date entro le quali il canto è nato, prima come composizione “poetica”, quindi accompagnato dal tema musicale.

La prima, certa, è quella del 1935, anno nel quale il Coro della Sosat (poi diventato Sat) registra su un disco 78 giri (ascoltato con il grammofono) il noto canto, armonizzato da Luigi Pigarelli, che prende in considerazione semplicemente i versetti “Noi de la Valcamonica, noi suonerem l’armonica: e balleremo un po’”.

La seconda segue un’ipotesi più affascinante che, per ora, rimane ancora nel campo delle ipotesi, in attesa di un fortunato ritrovamento di qualche scritto che lo attesti definitivamente. Infatti quando il testo recita “Alla stagion dei fior” ripete in forma esatta quanto Mimì e Rodolfo nella Bohéme, opera in 4 quadri di Giacomo Puccini, su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, si promettono al momento in cui vogliono lasciarsi: “Ci lasceremo alla stagion dei fior”. L’opera fu rappresentata la prima volta il 1 febbraio 1896 a Torino. Il verso è molto preciso e difficilmente può essere nato dall’autore della “Valcamonica” in modo spontaneo, con una coincidenza così esatta.

Quindi la ricerca condotta presuppone che qualcuno della Valle, qualche uomo di cultura, viaggiando e leggendo, magari anche su qualche quotidiano d’epoca, abbia tratto ispirazione per inserire un verso tanto bello, poetico e perfetto nel canto camuno. Se ciò è accaduto, non può essere avvenuto prima del 1896.

oi che bel fior - inno della valle camonica

Ma c’è un altro elemento che restringe ulteriormente il periodo storico e riguarda il tema della partenza primaverile degli uomini dalla Valle per andare lontano a lavorare, tornando poi prima dell’inverno: si tratta della seconda grande emigrazione italiana (e camuna in specie) avvenuta dopo la fine della prima guerra mondiale, nei paesi della cerchia delle Alpi, dove lavoravano come braccianti, minatori, boscaioli, manovali, tuttofare, da maggio a ottobre, per tornare a svernare in Valle. Questi emigranti partivano spesso in gruppo e tra di loro c’era qualcuno che suonava la fisarmonica, documentato da fotografie in posa, custodite oggi nel Museo storico della fotografia camuna che ha sede a Borno in Villa Guidetti.

Non poteva essere un’emigrazione d’Oltreoceano (dove i migranti rimanevano spesso per sempre), mentre nel canto camuno viene indicato chiaramente in un verso il ritorno certo: “Cara morosa, ti farò sposa quando ritornerò”, dopo pochi mesi, certamente non dopo anni. Questa emigrazione è stata particolarmente importante dal 1927 in poi.

Ecco quindi che anche la datazione prende un senso più preciso: un canto nato dopo il 1927 e registrato nel 1935, dunque. L’importanza della data è legata anche alla nascita di quello che oggi viene conosciuto come il “Manifesto” del canto di Montagna italiano: “La Montanara”, che Teo Ortelli, studente trentino al Politecnico di Torino, raccolse in un rifugio del Monte Bianco e portò da Torino e Trento, facendolo armonizzare da Luigi Pigarelli, nel 1925. Subito dopo questo straordinario gioiello nasce il canto della Valle Camonica che, a buona ragione, possiamo considerare figlio d’arte della “Montanara, usciti entrambi dalla penna musicale dello stesso padre. Rimaneva il tema del testo da adottare, di cui si conoscono almeno una quindicina di edizioni, tutte con variazioni, anche minime, ma significative. Rimanendo nell’ambito colto, elegante e di nicchia della scuola Pigarelli/Sosat/Sat, e nell’ambito della cultura musicale popolare europea del tempo, in gran parte derivante dai melismi del nord-est delle Alpi, la ricerca ha individuato nel testo base di riferimento, considerato il migliore dei testi raccolti nelle varie collezioni musicali, quello sul quale Kurt Dubienski (Ebreo viennese, musicista, emigrato a Milano e in Val Seriana dopo il 1950) ha armonizzato il noto canto, la cui armonizzazione viene suggerita come modello letterario, musicale, compositivo.

La ricerca si conclude quindi con la proposta che questo canto, armonizzato da vari autori ed in vari forme, eseguito da cori, corali, formazioni da camera vocali e strumentali, bande, orchestre e strumenti singoli, diventi il canto ufficiale della Valle Camonica.

oi de la val camonica - inno della valle camonica